Seguendo le direttive e i principi metodologici consolidati nel settore della conservazione, al restauro è affiancata l’attività diagnostica su opere e manufatti, anche in supporto alla programmazione didattica universitaria e di alta formazione.
Preliminarmente all’intervento sono effettuate indagini non invasive per immagine utili ad approfondire lo stato di conservazione e la tecnica esecutiva delle opere. Successivi approfondimenti diagnostici con indagini non invasive puntuali e indagini eseguite su microcampioni permettono di completare il quadro conoscitivo delle opere ed eventualmente indirizzare gli interventi di restauro.
La sperimentazione su prodotti e metodologie di intervento accompagnano le attività di restauro su casi complessi e gli studi condotti nell'ambito delle tesi di laurea.
Le indagini per immagini a diverse lunghezze d'onda (imaging multispettrale) vengono realizzate all'interno del laboratorio fotografico e permettono di documentare le risposte dei materiali alle diverse lunghezze d'onda (visibile, radiazione ultravioletta, radiazione infrarossa). Per alcune opere viene utilizzata la tecnica della mosaicatura delle immagini, grazie alla quale si ottengo immagini con un numero così elevato di pixel da poter essere ingrandite per evidenziare dettagli non percepibili ad occhio nudo.
L'apparato radio-tomografico permette di realizzare radiografie digitali su opere anche di grandi dimensioni. La radiografia permette di valutare la tecnica e lo stato di conservazione di un'opera o, come in questo caso, la presenza di precedenti dipinti al di sotto della pellicola pittorica oggi visibile.
Il materiale pittorico prelevato dalle opere viene inglobato in resina e preparato per poterne osservare la successione degli strati.
Le osservazioni sono condotte con il microscopio ottico in luce visibile e in fluorescenza ultravioletta, mentre con il microscopio elettronico a scansione si documentano gli strati a più alti ingrandimenti e si effettuano analisi sulla composizione chimica.
Il rilievo 3D viene realizzato con laser scanner e fotogrammetria e permette di fornire una base grafica tridimensionale per le mappature tematiche sia per ambienti sia per manufatti. Partendo dal rilievo è inoltre possibile ricreare virtualmente scenari per una fruizione immersiva di ambienti.
I laboratori scientifici del Centro hanno definito negli anni un protocollo di analisi non invasive per lo studio dei materiali costituivi e per mappare le strutture dell’ebanisteria piemontese. Attraverso la spettrometria XRF è possibile indagare i materiali presenti sulle complesse superfici dei mobili intarsiati.
E’ possibile anche approfondire lo studio della storia conservativa dell’opera confrontando i risultati tra parti originali e parti restaurate o rifatte. Nel caso della scrivania è stata analizzata la tartaruga inserita nel medaglione della base del piano della scrivania, dove è inserita la placca in avorio inciso con la firma dell’ebanista e la data 1741.
Le analisi hanno permesso di comprendere la tecnica utilizzata da Piffetti per la lavorazione della tartaruga, alla quale veniva incollata sul retro una carta pigmentata o del bronzo (in foglie o in polvere) per rafforzare l'effetto cromatico e la brillantezza del materiale.